Si dice di concessionaria di pubblicità:
“La concessionaria è una società specializzata nella raccolta pubblicitaria che opera attraverso una propria rete vendita e che viene remunerata dagli editori con una percentuale sul fatturato realizzato. L’attività di concessionaria può essere svolta sia da una società separata dall’editore che da una divisione interna dell’editore stesso (glossariomarketing.it)”
immaginate quindi, scrive un nostro collaboratore, la mia sorpresa quando mi rivolgo via telefono a un’azienda pubblicitaria chiedendo, come ricorda il titolo, “Buongiorno, offrite tra i vostri servizi anche quelli di una concessionaria di pubblicità?”. La risponditrice telefonica (spiace perché sempre di voci femminili tocca parlare, e non ho nessuna voglia di passare per misogino perché non lo sono, ma questi sono i fatti) risponde testualmente: “Cioè, concessionaria di pubblicità in che senso”. Fatico a riprendermi dalla risposta e dico, balbettando, che la definizione è l’unica che la lingua italiana mi metta a disposizione e l’ho usata con proprietà pensando di riuscire a farmi comprendere. La risponditrice si incazza bestialmente, biascica che le sto dando dell’ignorante e nemmeno mi saluta.
Ora mi chiedo: essendo l’ignoranza in questo caso un fatto e non un’opinione, come può andare avanti un paese in cui chi lavora in un’azienda di un certo settore nemmeno sa rispondere a domande che riguardano il suo campo di lavoro? Perché ignoranza a supponenza vanno sempre di pari passo sfociando nella maleducazione più bieca nonostante si abbia palesemente torto e non si sia in grado di tradurre in italiano nemmeno l’italiano?
Fine della disavventura e, spero, anche della cronaca.
(16 gennaio 2025)
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